Per l’ubicazione così favorevole, possiamo considerare che gli ambienti occupati oggi dalla farmacia abbiano avuto da sempre un particolare rilievo nella vita dell’antica Piazza del Mercato. È sufficiente osservare le importanti arcature che spiccano nel paramento murario della facciata e considerare l’adiacenza alla loggia del mercato. Essa infatti occupa due delle tre botteghe che il primo di marzo del 1371 il notaio Giovanni di Meuccio di Nardo donava al convento dei pp. Minori di S. Francesco. La spezieria era qui esercitata almeno dal secolo XV quando Paolo Dei e Giacomo Marzuoli, ilcinenses aromatarios in civitate ilcinea, sono coinvolti nel pagamento della sesta parte del salario del medico Giovanni Maria de Sereni per la sua condotta stipulata il 4 settembre1499 coi priori del Comune. Nella fase di slancio economico dei decenni che seguono la caduta della repubblica senese del 1555 favorita dall’afflusso di investitori stranieri per i larghi privilegi fiscali concessi alle merci prodotte a Montalcino, sembra rientrare il consenso del Consiglio generale del Comune ottenuto dagli speziali alla ricostituzione della loro arte con un nuovo statuto autonomo. Poi, con il 1592, anche gli speziali montalcinesi dovranno recarsi per la loro matricolazione nella sede dell’arte in Siena e accogliere il controllo periodico da parte del protomedico senese dell’esercizio dell’arte e dello stato delle loro spezierie.
Nei primi anni del Seicento la spezieria di piazza era passata dalla famiglia Tinelli agli Angelini. La giornata dello speziale Ascanio era segnata certamente dal lavoro continuo dell’arte. Preparava i suoi elettuari: il filonio romano, il diatartaro che libera dai viscidumi e mucillaggini, l’alessandrino per levar via i dolori, il discordio di Fracastoro contro il contagio, la trifera magna a provocar mestrui o le pillole di cinoglossa (la lingua di cane) per narcotico. Egli era senza dubbio un operatore sanitario, ma si ricorreva a lui anche per l’acquisto d’ingredienti per la cucina e di preparati per la tavola: pepe, «mandorle stiacciate», «zuccaro bianco e in polvere o rosado», cotognata di mele, conserva di rose o di viole, spezie forti, colla di pesce e così via, pan pepati, copate e biricoccoli natalizi.
Anche questo contribuiva a fare della spezierie una presenza attraente nel centro di Montalcino, un luogo di relazioni e incontri che animavano la vita quotidiana di cui oggi resta appena la memoria alle spalle della rinnovata professionalità del farmacista.
Per 'assaporare' appena quel clima proviamo ad entrare il 13 agosto 1596 nella spezieria di piazza quando è tenuta ancora da Giovanni Tinelli, per incontrarvi personaggi di spicco della chiesa e della società montalcinese. Come di consueto quel mattino lo speziale ha accolto il fratello Fulvio, vicario generale della diocesi, il cognato Iacopo Angelini cancelliere vescovile, il teologo, canonico della cattedrale, Agostino Brunacci e il padre provinciale dei Minori Cesare Palmierucci. Accomodati sui loro scanni, sorseggiando la loro orzata, la conversazione si fa animata e scivola su un tema rischioso: i doveri nell’esercizio delle professioni medicorum, pharmacopolarum et chirurgorum. D’improvviso il Brunacci, con il dito polemico in aria, se la prende con l’infedeltà di certi medici: qui ad ditandos pharmacopolas, remedia inutilia praescribunt. Il vicario, dopo un’occhiata preoccupata al fratello Giovanni: Ma obblighi morali ci sono anche per governanti, magistrati e militari!
Certo, prorompe il provinciale Palmierucci, i governanti peccano quando permettono di aprire le officine nel giorno del Signore e negli altri giorni festivi o tollerano in quei giorni che si balli in pubblico, si tenga mercato o che durante il tempo del Divino Ufficio gli osti somministrino vino. E ancora – si accalorava il Palmierucci – i governanti peccano quando onerano il popolo con tributi sempre più pesanti. E peccano i militari che stationem suam non conservano o che passano al nemico come ben sapete. Né mancano gli obblighi dei magistrati… Ma in quel momento era entrato nella spezieria il magister Crescenzio Marzuoli, l’iuris utriusque doctor che, capito che a quel punto sarebbe toccata a lui, solenne, interrompe il padre provinciale imponendo all’accesa conversazione la virata verso la violazione del diritto d’asilo consumatasi a Montalcino nella chiesa del convento di S. Francesco. Come dirimere il caso, prorompe il magister. Da una parte il giudice del tribunale laico che vuol metter le mani su Andrea Spagni, un capitano del granduca reo sotto gli occhi di tutti di aver ucciso qui in Piazza del Mercato il giovane Cesare Pinelli. Dall’altra il guardiano del convento, un sant’uomo, che invoca a ragione il diritto d’inviolabilità della casa di Dio? Due giustizie?
Tutti restano appesi all’interrogativo insolubile. Lo speziale, approfittando del silenzio, con un sospiro di sollievo, 'sene torna ai suoi elettuari'.